Amatrice, l’arte di rinascere
Tutto ciò che è Patrimonio culturale è soggetto a distruzione. Talvolta la causa sono i fenomeni naturali, come i terremoti. Altre volte è l’opera dell’uomo: pensiamo alle guerre. Ma uno dei nemici più spietati è senz’altro la mancanza di conoscenza. Ignorare equivale a non essere. Ciò che non si conosce non si può tutelare né tantomeno, apprezzare e valorizzare.
Talvolta i due fenomeni si intrecciano. Accade quindi che non è possibile non essere consapevoli di depredazioni, distruzioni, furti. O lo si è in modo inadeguato.
Di converso, è anche vero che quando si perde o si danneggia un’opera d’arte l’eco mediatica è fortissima e fortissima l’impressione sull’opinione pubblica.
Alcuni recenti casi di distruzione:
1) 24 agosto 2016, terremoto di Amatrice, di cui parliamo oggi.
2) Nell’estate del 2015 l’ISIS distruggeva l’antico tempio dedicato alla divinità semitica di Ba’al Shamin nel sito di Palmira, in Siria. A questa distruzione è seguita quella del mosaico bizantivo a Raqqa, la città siriana divenuta capitale del Califfato; nell’estate dello stesso anno ha raso al suolo “la tomba di Giona”, moschea costruita su quello che alcuni considerano il luogo di sepoltura del profeta biblico, a Ninive, in Iraq; la distruzione di molte statue e bassorilievi mesopotamici nel museo di Mosul, sempre in Iraq; a marzo hanno spianato con un bulldozer i resti dell’antica città assira di Nimrod, oggi nell’Iraq settentrionale; molto più recentemente hanno decapitato il direttore del sito di Palmira, l’archeologo ultra ottantenne Khaled al-Assad.
3) Tutti i casi in cui l’arte ha fatto da bottino di guerra: la Rivoluzione francese, l’era napoleonica, il Risorgimento italiano, i saccheggi coloniali, la politica artistica di Hitler, la Guerra civile spagnola, i vizi e le virtù del grande collezionismo, la Prima e la Seconda guerra mondiale (cfr. Sergio Romano, “L’arte in guerra”, Skira Milano 2013).
In qualche modo è opera di distruzione anche rinunciare ad insegnare storia dell’arte nelle scuole. É successo in Italia con la riforma Gelmini che in molte scuole sia stato abolito questo insegnamento. É successo in Gran Bretagna dove oltre cento artisti in questi giorni hanno inviato a The Guardian una lettera aperta per scongiurare l’ipotesi di cancellazione della Storia dell’Arte dalle discipline oggetto di esame di diploma di maturità.
Perché la distruzione di un’opera d’arte fa cosi tanto scalpore? ovviamente non è solo per l’eventuale valore intrinseco. Il vero motivo è che l’arte ha un valore identitario per un popolo, per questo è spesso utilizzata come strumento di potere, e in guerra diventa bottino contro cui il vincitore si scaglia quando vuole annientare la potenza sconfitta.
Ad esempio, l’Isis distrugge non solo perché vende sul mercato nero le opere razziate e fatte a pezzi. Lo fa soprattutto perchè vorrebbe riportare agli stati conquistati all’epoca del regno i cosiddetti “Califfi ben guidati”, i quattro successori di Maometto che guidarono la comunità musulmana tra il 632 e il 661. Per costoro gli idoli pagani dovevano essere distrutti. Sorvolando sul dettaglio che oggi nessuno crede più negli dei mesopotamici, l’Isis persegue lo scopo di fare tabula rasa di ciò che connota culture diverse, dalla propria visione teologica della storia.
In quanto fonte storica, un’opera d’arte permette di:
1) ricordare cosa si è fatto e usare l’esperienza per agire.
2) conoscere per comprendere ciò che altri hanno fatto o scoperto o inventato.
3) costruire l’identità personale e creare coesione sociale.
In modo simmetrico, vengono seguiti con molta attenzione tutti i casi di recupero delle opere sottratte, danneggiate, depredate.
Alcuni esempi:
– Ha chiuso l’11 febbraio a Roma, presso il Museo nazionale romano alle Terme di Diocleziano, la mostra “Rinascite, Opere d’arte salvate dal sisma di Amatrice e di Accumoli”. Nell’esposizione sono allineate ben 34 opere provenienti da chiese e strutture religiose cittadine e rurali, a cura di Daniela Porro.
– il MIBACT ha recuperato oltre 30.000 opere dopo la distruzione del sisma che ha colpito l’Italia centrale nel 2016.
Oggi celebriamo il ritorno in uso del Museo Cola Filotesio di Amatrice. L’evento segna il pieno recupero di un fulcro di identità per la comunità di questa città rasa al suolo ma sempre viva e tenacemente attaccata alle sue radici. Il fatto che si celebri in una scuola accresce l’evento di un significato nuovo.
La scuola è il luogo in cui si trasmette la conoscenza e si promuove la crescita dei giovani anche nel senso di cittadinanza. L’arte è non solo fonte di conoscenza e sapere. É fattore aggregante, pubblico, inclusivo per tutti. Essa è in grado di oltrepassare limiti linguistici e culturali, di costruire ponti tra popoli e persone.
Essendo un fatto pubblico, è un fatto di rilievo politico nel senso più nobile di questa parola. É un campo che riguarda la collettività, che rende un agglomerato di individui una polis, persone che condividono la stessa appartenenza alla medesima cittadinanza, quella dell’umanità.
L’arte educa e come tale costituisce un diritto ma è anche un dovere di cittadinanza: tutti dovrebbero avere la possibilità di crescere grazie a questa consapevolezza e tutti hanno il dovere di esercitarla, custodirla e di trasmettere la necessità.