Presentazione del libro “Scuola negata”, Campidoglio, 15 febbraio 2022

Ringrazio e sono onorata per questo invito che accolgo con emozione, data anche la possibilità di poter essere riuniti in presenza in una sede così prestigiosa. Ringrazio in particolare Romana Bogliaccino, anzitutto amica, e mia stretta collaboratrice negli anni in cui ero preside effettiva del liceo Visconti, e non nominale come ora.

Come è stato già detto, il libro che presentiamo questa sera ha una genesi antica nel progetto didattico ideato da Romana stessa “l’Archivio del Visconti e la storia” che ha avuto già un felice esito nella giornata celebrativa e di studio del 31 gennaio 2019.
Trovo assai significativo essere qui, in Campidoglio, a due passi dal tempio di Giove Ottimo Massimo che fin dal VI sec a.C., è il luogo simbolo della vita politica e civile di Roma. Il luogo della civitas opposta alla barbaritas. Che è poi il tema che sottostà a tutto il libro fin dal titolo: un avvincente ossimoro che accosta la parola ‘scuola’ – con tutto il suo portato di educazione, insegnamento, apertura, crescita, vita – al concetto di ‘negazione’, cioè di impedimento, sopraffazione, violenza, morte.
Il libro è un esempio di civiltà per molti motivi; anzitutto perché è scritto magistralmente: leggerlo è un piacere e questa prosa è segno di rispetto profondo per il lettore, oltre che limpidezza di pensiero.
Ma lo è soprattutto perché è un esercizio di memoria: fa appello a una fondamentale facoltà umana.
Come hanno dimostrato i neuroscienziati, la memoria permette la conoscenza per inferenza, grazie alla quale possiamo
La memoria è il collante che tiene insieme la nostra vita mentale. Siamo quello che siamo in gran parte grazie a ciò che apprendiamo e a ciò che ricordiamo.
La memoria è il ricordo (riportare al cuore); dunque vi confluiscono le conoscenze, le informazioni acquisite. Ma anche le emozioni e i sentimenti da queste suscitati. Per gli artisti, basti pensare a Gauguin, solo questa si può chiamare conoscenza autentica, anche perché depurata da tutto ciò che non è essenziale per noi e, quindi, dimentichiamo. Il resto è piatta informazione. Un fatto ricordato, che emerge dalla memoria, non è soltanto un episodio. E’ un pezzo di vita, è umanità carica del tragico della storia. Il libro di Romana Bogliaccino ha il grande pregio di narrarci l’umanità della Storia attraverso tante storie private.
Le sue fonti, come l’autrice stessa dice, sono le fragili carte dormienti per secoli negli archivi e quelle, ancor più fragili, “racchiuse nelle menti, dotate di vita propria, mobilissime e impregnate di molteplici affetti” (p. 21). Il confronto tra la notizia scritta e la tradizione orale è essenziale per la corretta interpretazione dei fatti: ogni notizia è stata accolta, esaminata con cura e cautela, valutata nella sua specificità, contribuendo a restituire un quadro ampio, variegato in cui emergono le lacerazioni, le ambiguità, unite al coraggio e alla fortezza come uniche armi contro la forza bruta.
La ricerca storica di Romana Bogliaccino non è mai erudizione perché l’autrice, pur operando con estremo rigore scientifico, va sempre alla ricerca non dei fatti ma degli uomini. Ho concluso la mia presentazione del libro con un senso di gratitudine: lo ribadisco perché questo libro è, come ho detto, un esempio di metodo storico.
Ma lo è anche di metodo didattico: ai suoi studenti, con cui ebbe origine la ricerca di questo saggio, la professoressa Bogliaccino ha insegnato il rigore del metodo, la passione dello studio, la soddisfazione che è insita nello studio, anche quando è faticoso. Lo ha fatto con l’atteggiamento di cura di ogni vero educatore che sa indirizzare e accompagnare rimanendo sottotono, per lasciare ai giovani la possibilità di crescere nella sicurezza di chi sa di avere sempre una sponda, ma anche nell’autonomia di chi è lasciato libero di agire e divenire adulto.
Negli anni della nostra collaborazione al liceo Visconti, Romana ed io abbiamo condiviso la visione di una scuola come un luogo in cui non ci si limita a trasmettere conoscenze, ma in cui si produce cultura, in una logica circolare scuola-territorio.
Aggiungo un’ultima notazione, più personale. Il campo di interesse è incentrato sulle vicende del liceo Visconti che oggi vede in questo libro un ulteriore arricchimento della sua lunga e complessa storia. Per chi, come me e come molti in questa sala, a cominciare dal nostro sindaco, è legato da un profondo legame a questo liceo, anche questo è motivo di gratitudine.
Le vicende che affronta questo libro dimostrano che la memoria, il ricordo reso possibile dall’amore per le persone che abbiamo conosciuto, anche solo indirettamente, può addirittura trasformare il senso della morte stessa in vita. Ma per esprimere un concetto così ardito, lascio la parola ad una poetessa, Edith Bruck;
dalla poesia “Vivi” (dalla raccolta Tempi, 2021):

 

“La morte

è la misura del sentimento

per coloro

che abbiamo amato

è una sorta di gravidanza

multipla

che nutriamo nel ventre

con il nostro sangue

con il nostro respiro.”

 

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