Suola negata: Leggi razziali del 1938 ed il Liceo “E. Q. Visconti”

Si segnala l’uscita del saggio di Romana Bogliaccino Scuola negata. Le leggi razziali del 1938 e il liceo “E.Q. Visconti”, Biblion edizioni, Roma 2022. Si tratta dello studio di un caso paradigmatico nel quadro delle “leggi razziali”, quello del liceo Ennio Quirino Visconti di Roma da cui furono espulsi 58 studenti e una docente. Il saggio si basa su fonti archivistiche per lo più inedite e ricostruisce, con taglio originale, accurato e interessante, la storia di uno degli avvenimenti più dolorosi della scuola e della società italiana. Clara Rech ne ha scritto l’introduzione che qui si riporta.

 

Introduzione

 

Clara Rech

Dirigente scolastico del Liceo “E.Q. Visconti” dal 2011 al 2019

 

Il 31 gennaio 2019 nel cortile del Liceo E.Q. Visconti, con una cerimonia partecipata da tutta la comunità scolastica, allargata alle istituzioni civili e religiose e alle personalità della cultura maggiormente coinvolte, veniva scoperta una lapide recante i nomi dei cinquantotto studenti e di una professoressa espulsi dalla scuola nel 1938, a seguito delle Leggi ‘razziali’.

Il monumento era l’esito del progetto didattico particolarmente fecondo L’Archivio del Visconti e la storia, ideato dalla professoressa Romana Bogliaccino e da lei condotto con il coinvolgimento dei suoi studenti della allora classe 1E, in occasione degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi ‘razziali’ fasciste, la cui ricorrenza cadeva nel giorno 17 novembre 2018. Ottanta anni sono un attimo nella dimensione della storia; e già questo dato basterebbe per sentire l’urgenza di non dimenticare quel che è successo, anzi di rinnovarne la memoria costantemente.

In questi  anni, in molti modi la società civile ha sancito la condanna di quella decisione e di tutte le altre che portarono alla Shoah e ha preso la distanza da quanto era successo contro il popolo ebreo, a cominciare dall’assunto della scienza che ha eliminato il concetto di ‘razza’ applicato alla specie umana.

Ma a fronte di tante condanne, di tante prese di posizione e anche di tanti tardivi riconoscimenti di colpevolezza, sappiamo che non bisogna allentare l’attenzione perché il pericolo del negazionismo, dell’indifferenza è sempre in agguato e pronto a trascinare gli uomini verso abomini simili. Perché se è vero che sempre c’è chi ha interesse a sopraffare qualcun altro, in certe epoche storiche, segnate da crisi economiche e da grandi trasformazioni sociali e culturali, questo rischio è molto più forte. Tanto più se l’informazione – che talora è disinformazione – amplificata da media sempre più potenti, influenzanti e pervasivi, domina il processo di formazione delle coscienze.

E la nostra epoca ha queste caratteristiche.

Non basta la vergogna per quel che è stato a fermare gli atti di razzismo verso chi è diverso dal gruppo dominante. Il popolo ebreo più di ogni altro ha patito con il genocidio. Ma purtroppo il suo esempio, sebbene il più eclatante ed efferato, non è il solo. La tentazione di escludere, di riservare a sé e al proprio gruppo la fetta più grossa, di sopraffare il più debole ha radice nell’egoismo umano. Ogni uomo può esserne vittima, ogni uomo può esserne artefice. L’altruismo, lo spostare il centro dell’interesse da sé all’Altro, è un’operazione culturale che va instillata in ogni essere umano fin da piccolo. Ecco dunque il compito cardinale della scuola che anche in questo caso si riconosce il ruolo di istituzione fondamentale per la tenuta della società, per la resistenza e la difesa dei valori essenziali della convivenza, quelli che rendono la nostra specie, umana, preservandola dal disumanizzarsi.

Gli studenti, guidati dalla sapiente guida della loro docente, avevano alacremente lavorato per oltre un anno. Grazie al loro paziente e meticoloso lavoro, le carte dell’archivio scolastico hanno parlato. Sono emerse le mille diverse storie di tanti ragazzi, delle loro famiglie, dei loro amici. La carta si è rivestita di carne e sangue, ha assunto la concretezza della vita. Il giorno della dedicazione della lapide erano presenti, oltre ai pochi protagonisti di quella tragica ingiustizia ancora viventi, molti dei loro familiari per rendere tributo e dare testimonianza del dolore che quei ragazzi adolescenti provarono a essere considerati ‘razza nemica’ cui far perdere la propria scuola, la propria patria, la propria identità, la propria vita. La cerimonia voleva celebrare la vitalità del loro ricordo nella scuola che in tal modo veniva loro restituita e che di nuovo li accoglieva. Finalmente, quei nomi che erano scomparsi dalla carta, avevano il loro posto perenne nella pietra a monito costante per il futuro.

Fin da allora, ci era parso necessario affidare il frutto di tanto studio ad una pubblicazione, affinché non se ne perdesse memoria e anche perché altri potessero avere a disposizione notizie inedite.

La scuola negata, l’opera che ne è scaturita, ha però oggi ben altro respiro, configurandosi come un saggio storico. Romana Bogliaccino ha approfondito la ricerca con taglio scientifico, rendendo note tante storie sconosciute grazie allo studio di carte inedite. La microstoria si snoda sullo sfondo della macrostoria e le due dimensioni si illuminano reciprocamente per una piena comprensione dei fenomeni.

Questo esito è di estrema importanza non solo per il dato in sé. Esso è infatti la dimostrazione che la scuola non è solo un’istituzione  che concorre all’educazione dei giovani e che eroga istruzione; essa è anche un luogo in cui si produce cultura, in un’ottica circolare scuola-territorio che si devono contaminare e arricchire vicendevolmente. L’aggettivo ‘scolastico’, che spesso ha una connotazione riduttiva, torna così a rivestire tutta la nobiltà che gli compete, a condizione che, come in questo caso, riguardi un prodotto complesso, seriamente costruito, scientificamente fondato, largamente partecipato.

Mi è sempre piaciuto pensare alla scuola come ad un enzima che elabora ogni forma di nutrimento per offrirlo ai giovani per la loro costruzione di un sé ricco di senso e per restituire il nuovo costrutto alla società. E’ per questa visione di scuola che ho sempre lavorato da docente prima  e da preside poi. Una scuola di questo tipo non può che essere aperta ad accogliere istanze molteplici dal territorio, inteso come ‘scuola fuori dalla scuola’.

La didattica che vi si conduce è pensata per esaltare l’applicazione di ciò che si apprende su ambiti esperienziali, dimostrando, ad un tempo, l’utilità, la fecondità e il divertimento che è insito nello studiare e nell’apprendere. Il modello teorico di riferimento è quello costruttivista che si basa sulla circolarità spiraliforme della conoscenza: ogni nuova acquisizione è anche fonte per quella successiva in un processo tendenzialmente infinito; le conoscenze non sono più repertori teorici ma diventano “conoscenze in azione”, vale a dire le famigerate ‘competenze’ che ancora stentano a trovare piena cittadinanza nelle nostre scuole.

Ma la scuola ben fatta ha sempre operato in questa direzione. I docenti più avveduti, coloro che più hanno a cuore la crescita dei propri studenti, hanno sempre impostato il lavoro secondo questa logica dialettica e aperta, sapendo mettersi in sottotono per lasciare agli studenti il ruolo di protagonisti, senza mai sottrarsi all’opera di coordinatori del processo di cui sono responsabili. Gli studenti dal canto loro, riconoscendo autorevolezza ed esperienza al loro docente, ne accettano le indicazioni, sapendo che quanto viene loro richiesto, per quanto impegnativo e faticoso, ha senso e troverà significato.

Questo tipo di didattica permette anche la valorizzazione dei talenti di ciascuno, che è il fine ultimo di ogni opera educativa: tutti devono sentirsi liberi di crescere nel rispetto delle proprie propensioni e nel compimento delle proprie attitudini.

Credo che dobbiamo approcciarci a questo libro con molto interesse e molta gratitudine: la sua lettura accresce la conoscenza, offre un esempio di  didattica virtuosa e infonde coraggio nell’umanità che è più forte di qualsiasi orrore e trova sempre una ragione per riconoscere la dignità della vita.